martedì 16 ottobre 2012

Perchè Bodhidharma è partito per Hollywood? - 1 - Orizzonte perduto

Quando Hollywood sogna l’Oriente: “Orizzonte Perduto” da James Hilton a Frank Capra

…e gli orizzonti perduti non ritornano mai.
La stagione dell’amore tornerà,
con le paure e le scommesse questa volta quanto durerà.

(F. Battiato, 1983)

Il romanzo & il film

“Orizzonte perduto” (“Lost Horizon”) è il più famoso romanzo di James Hilton, autore e sceneggiatore inglese, che lo scrisse nel 1933.
James Hilton
E’ un romanzo fantastico, forse un poco datato per il lettore odierno, che racconta la vicenda di 4 persone che raggiungono avventurosamente una valle nascosta tra i monti himalayani, Shangri-La, ed il suo misterioso monastero. Lì vive una pacifica popolazione, governata da una comunità segreta di saggi, provenienti da ogni parte del mondo, estremamente longevi, dediti alla meditazione e alla preservazione dei valori spirituali, artistici, culturali, dell’umanità. Ciò che fa di Shangri-La un luogo veramente speciale non è in effetti una particolare saggezza dei suoi abitanti originari, bensì la missione dei monaci venuti dall’Occidente, consacrati al salvataggio della civiltà dal disastro ormai imminente, la guerra mondiale. La comunità è felicemente guidata dal “Gran Lama”, Padre Perrault, un frate cappuccino belga giunto a Shangri-La nel 1734, all’età di 53 anni. Poiché il romanzo si svolge nei primi anni ’30, il Gran Lama ha quasi 250 anni, il che è reso possibile dalle meditazioni, dalle pratiche Yoga e da particolari sostanze presenti a Shangri-La. Infatti, allontanarsi dalla valle significa per i suoi abitanti tornare ad invecchiare secondo il comune flusso del tempo e manifestare la propria età effettiva nel giro di pochi giorni. Per i più anziani, quindi, morire e divenire polvere.
Shangri La ?
Come si scopre, i 4 protagonisti, che erano fuggiti da una guerra, sono stati rapiti e poi condotti a Shangri-La, in quanto uno di loro, Conway, era stato prescelto per prendere il posto del Gran Lama, ormai morente. Un tentativo di fuga messo in atto dal fratello di Conway e da una donna di Shangri-La, apparentemente giovane e bella, accompagnati dallo stesso Conway per amore fraterno, finisce tragicamente, ed il solo Conway cercherà di tornare nella valle, dove, già dal primo giorno, aveva provato la sensazione di “avere finalmente raggiunto la meta” (1).
Dopo aver scritto “Orizzonte perduto” (e un altro famoso romanzo portato sullo schermo, “Addio, Mr. Chips!”), Hilton si trasferì negli USA e si dedicò all’attività di sceneggiatore negli studi di Hollywood.
Nel 1937 collaborò proprio alla sceneggiatura del film tratto dal suo romanzo, con la regia del grande maestro Frank Capra, autore di film come “Accadde una notte” con Clark Gable, “Mr. Smith va a Washington” e “La vita è meravigliosa” con James Stewart, “E’ arrivata la felicità” con Gary Cooper, nonché vincitore di 4 Premi Oscar per la regia, un Golden Globe, un Leone d’Oro alla carriera e molti altri premi. Il suo film “Orizzonte perduto” ricalca abbastanza fedelmente il romanzo, sia nell’intreccio sia nello spirito. L’avventura vissuta dai protagonisti (5 nel film) si svolge in un periodo, gli anni ’30, durante il quale diversi totalitarismi nel mondo (il Nazismo, il Fascismo, il Comunismo staliniano) cercavano di plasmare l’Uomo Nuovo, di costruire la società perfetta, al prezzo di bagni di sangue ed enormi sofferenze, libertà e diritti umani calpestati, fame e carestie, genocidi e conflitti sempre più estesi. A quanto stava avvenendo in Europa e altrove, si contrappone la visione di Hilton: a Shangri-La, dice Chang, uno degli anziani, “noi siamo persuasi che per governare bene bisogna evitare di governare troppo” (2). Gli abitanti sono passabilmente felici, moderatamente attivi, non vi sono “né uomini dissoluti né asceti” (3), le donne sono moderatamente caste. La moderazione è la regola (nulla a che vedere, sia chiaro, con la Via del Mezzo di cui parlano gli insegnamenti buddhisti!).
Così pure, Frank Capra traspone nel film la sua visione di quegli anni, difficili anche per gli USA: la Grande Crisi del ‘29, la depressione economica, le masse dei disoccupati, la dittatura che avanza in tutto il mondo. Ma al di là di questo egli intravvede Shangri-La: la speranza, la solidarietà, la politica illuminata del Presidente Franklin Delano Roosevelt e il suo New Deal, tutti quei valori di libertà e progresso di cui l’America si sentiva portatrice (4). E’ un mondo, quello di Frank Capra, conflittuale, insicuro, anche drammatico. Ma il finale dei suoi film è sempre improntato ad una visione ottimistica (l’ “happy end”), nella quale i protagonisti (qui, Conway), spesso uomini come gli altri, “eroi per caso”, riescono a prevalere senza utilizzare i mezzi messi in atto dalle forze che ad essi si oppongono: l’inganno, la violenza, l’immoralità. Sono figure nelle quali gli spettatori possono facilmente e positivamente identificarsi. Infatti, “la suggestione che il film lascia è enorme, quanto il successo che ottiene” (5), sia da parte dei critici che del pubblico (ebbe ben 7 nomination all’Oscar, vincendone 2, anche se non per il miglior film o per la regia).

Il mito

Shangri-La è stata una felice creazione di James Hilton. Infatti a partire dal successo del romanzo e poi del film (un vero e proprio effetto di feed back) è nato il mito di Shangri-La, sinonimo di oasi di pace, dove il tempo rallenta, il male non esiste, la vita è quieta ricerca del bello – una riedizione del Giardino dell’Eden.
Così oggi, quando i miti, merci in un mondo di merci, diventano spot, si chiamano Shangri-La centri di fitness, villaggi turistici, ristoranti, bagni marini. Molti, poi, pensano che Shangri-La sia un luogo reale, in cui si può ottenere qualche cosa, e allora partono per l’Oriente a cercarlo, con viaggi organizzati da tour operator “spirituali”.

Zhongdian
E nel 2001 il governo cinese, indubbiamente molto abile nella promozione di se stesso (Olimpiade 2008 docet), ha dichiarato che la vera Shangri-La è la cittadina di Zhongdian, nello Yunnan, ai confini del(l’ex) Tibet. Così, oggi Shangri-La esiste veramente, ed il mito è definitivamente morto!
Ma, se si scava più a fondo, si scopre che Hilton e Capra, non si sa quanto consapevolmente, non hanno inventato nulla di nuovo (il nome Shangri-La, forse), bensì hanno dato nuova linfa ad un mito ancestrale e ricco di profondi significati spirituali – quasi come un antico fiume che, dopo un lungo percorso a cielo aperto, poi incanalatosi nelle viscere della terra, sconosciuto ai più, sia tornato dopo secoli a scorrere in superficie, visibile a tutti, ma incomprensibile alla maggior parte delle persone, ormai indifferenti e ostili ai valori dello spirito.
E’ il mito (e qui mito non vuol dire leggenda, bensì concreta pratica spirituale) di Śambhala, termine tibetano che significa “terra nascosta”. E’ la storia di “un regno situato nel profondo Nord dell’India (..) intimamente legata a quella del Kālacakratantra” (6). Secondo questa vicenda, che appartiene alle tradizioni del buddhismo Vajrayana (il buddhismo tantrico), il Buddha stesso rivelò gli insegnamenti del Kālacakratantra (7) a Sucandra, re di Śambhala, il quale li studiò, li praticò e li propagò tra i suoi sudditi, nel suo regno nascosto tra i monti.
Il mantra di Kalachakra
In seguito, nel X sec. d.C., gli insegnamenti tornarono in India, dove il Buddha li aveva impartiti al re, e lì si diffusero grazie a grandi Guru come Nāropa e Atīśa. Durante le invasioni musulmane, essi furono nuovamente portati in Tibet, e lì preservati. Il Kālacakratantra è tuttora praticato dai meditanti buddhisti delle scuole Vajrayana, dopo le indispensabili iniziazioni (conferite direttamente dal Dalai Lama o da grandi Maestri quali Kalu Rinpoche e Sakya Trizin Rinpoche).
Secondo questi insegnamenti (e qui il mito si fa pratica concretamente vissuta) Śambhala è un regno circondato da cime innevate, non accessibile a chiunque. Dice Lozang Pelden Yeshe, III Panchen Lama, che “chi vuole recarsi in questo paese con la sua forma corporea deve essere un uomo che possiede la forza del merito della virtù e la conoscenza dei tantra” (8). E l’attuale XIV Dalai Lama ha dichiarato che “sebbene Śambhala sia un luogo situato da qualche parte su questo pianeta, esso può essere visto solo da coloro che sono dotati di mente e propensioni karmiche pure” (9).
Secondo una profezia, nel 2327, quando regnerà su Śambhala il re Rudra Cakrī, il suo reame sarà scoperto da ostili forze materialiste, e nel 2425 verrà invaso per essere depredato. Ma le forze negative saranno sconfitte e il Dharma di Kālacakra sarà ristabilito per altri 1800 anni.
Da un punto di vista strettamente storicistico, il mito di Śambhala ebbe probabilmente origine in India, nel XII secolo d.C., sotto la minaccia dell’invasione musulmana, la quale in effetti fu determinante nella sparizione del buddhismo dalla sua terra d’origine. Il regno puro e inviolabile era il luogo in cui gli insegnamenti del Buddha sarebbero stati conservati e tramandati (il Tibet?).
In Occidente, il mito si intrecciò con la leggenda medioevale del regno del “Prete Gianni”, di cui parla anche Marco Polo nel “Milione” (1298-99) (10). In realtà il Prete Gianni era il re dei Keraiti, una etnia mongola convertita al cristianesimo nestoriano (11). Egli fu dapprima alleato e poi nemico di Temujin, il sovrano mongolo più noto come Gengis Khan, da cui fu sconfitto nel 1203.
Queste sono le fonti da cui, consapevole o meno, attinse Hilton: il mito di Śambhala, la leggenda del Prete Gianni, la storia dei Cristiani Nestoriani, nonché le biografie di missionari cristiani quali Matteo Ricci (nt. 1552) e Ippolito Desideri (nt. 1684), che forse gli ispirò la figura di Padre Perrault (12). Vanno poi citati due esploratori portoghesi, Joao Cabral e Estevao Cacella, che nel XVII sec., mentre ricercavano una pista che collegasse India e Cina attraverso il Tibet, sentirono parlare del regno di “Xembala”.
Altra fonte dell’opera di Hilton fu probabilmente il mito (moderno, questo) di Agarttha, misterioso centro iniziatico governato dal “Re del Mondo” (13), con cui negli anni ’20 sarebbe entrato in contatto lo scrittore Ferdinand Ossendowski durante un viaggio in Asia. E con gli abitanti di Agarttha (o Agarthi), antichi misteriosi sapienti, sarebbe stata in stretto contatto Elena Petrovna Blavatsky (1831-1891), fondatrice della Società Teosofica (in questi casi, l’uso del condizionale è d’obbligo!).
Infine (ma si potrebbe continuare a lungo), tra le possibili fonti di Shangri-La, sono da citare i miti veterotestamentari del Giardino dell’Eden e della longevità dei patriarchi prediluviani: Adamo, che secondo Genesi, capp. 5 e 9, visse 930 anni, Set (912), Matusalemme (969), Noè (950).
Più tardi, Śambhala entrò nel “Grande Gioco”, la feroce battaglia diplomatico-militare che nel XIX secolo vide Russia e Inghilterra contendersi il controllo dell’Asia Centrale.
Alla ricerca dei poteri sovrannaturali celati nelle misteriose valli himalayane, nonché delle mitiche origini dei popoli “ariani” (14), partì poi, dalla Germania hitleriana, la spedizione guidata da Ernst Schäfer e Bruno Beger, fermamente voluta dal capo delle SS Heinrich Himmler e dai circoli esoterici che coinvolgevano parte della gerarchia nazista (15).
Era il 1938: l’anno prima, era uscito nelle sale cinematografiche americane “Orizzonte perduto” di Frank Capra. Per alcuni, la ricerca di Shangri-La si esauriva nelle poltrone del cinema sotto casa, con la sola speranza di dimenticare per un paio d’ore la paura della crisi economica. Per altri, significava attraversare a piedi il Tetto del Mondo, con lo zaino sulle spalle e la svastica sugli stendardi (16), alla ricerca di nuovi strumenti per dominare il mondo.

Il Mahasiddha Tilopa
Né gli uni né gli altri, in realtà, avevano compreso ciò che invece è narrato con semplicità da una vecchia storia tibetana. Un giorno il Mahasiddha Tilopa, un grande Yogi tibetano (17), decise di recarsi nel regno di Śambhala per approfondire la conoscenza della dottrina del Kālacakratantra. Durante il cammino tra le montagne, incontrò uno straniero, che gli chiese dove stesse andando. “A Śambhala, alla ricerca della saggezza dei Bodhisattva” (18), rispose Tilopa. E l’altro: “La strada è lunga e molto faticosa; se avete l’ardore di apprendere, potrete acquisire questa conoscenza proprio qui”. A quel punto Tilopa riconobbe in lui il Bodhisattva della Saggezza, Maňjusrī, e gli si prosternò dinanzi. Quindi Maňjusrī lo iniziò ai segreti del Kālacakratantra. “Il pellegrinaggio verso Śambhala diventa così una cammino verso la Luce interiore” (19).
Śambhala non è quindi un favoloso “altrove” da raggiungere in qualche modo. Se correttamente inteso, è invece il luogo in cui ci troviamo in ogni istante della vita. Il “qui ed ora” su cui vertono gli insegnamenti dello Zen e di tutte le scuole buddiste.
Come disse Gesù parlando di un altro Regno (o forse è lo stesso?): “Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: Eccolo qui, o eccolo là. Perché il regno di Dio è in mezzo a voi!” (20).

Note


(1) J. Hilton, Orizzonte perduto, Ed. Sellerio, pag. 75.
(2) id., pag.119.
(3) id., pag.158.
(4) Con New Deal si intende il piano di riforme economiche e sociali promosso dal presidente americano
Franklin D. Roosevelt fra il 1933 e il 1937, allo scopo di risollevare il Paese dalla grande depressione che aveva travolto gli USA dal 1929. E’ significativo ricordare che la residenza di campagna dei Presidenti USA, oggi nota come Camp David, fu fatta costruire proprio da F.D. Roosevelt, che la chiamò Shangri-La. Da quell’oasi di pace il presidente Truman annunciò i bombardamenti atomici sul Giappone nel 1945.
(5) G. Martini (a cura di), Cinema e Buddismo, Ed. Centro Ambrosiano, pag. 87.
(6) P. Cornu, Dizionario del Buddhismo, Ed. Bruno Mondadori, pag. 531.
(7) Kālacakra è una delle più importanti deità di meditazione dell’Anuttarayogatantra, la classe superiore dei Tantra praticati nel buddhismo tibetano, il Vajrayana, il veicolo del fulmine-diamante.
(8) Dizionario, pag. 531. Il Panchen Lama è la seconda carica spirituale del buddhismo tibetano, dopo il Dalai Lama.
(9) Dizionario, pag. 532.
(10) M. Polo, Il Milione (versione di M. Bellonci), Ed. ERI, pag. 62 e segg.
(11) Il Cristianesimo Nestoriano (dal nome del Patriarca di Costantinopoli, Nestorio – V sec.) ebbe grande diffusione in Asia. Sostiene la presenza in Cristo di due distinte persone, umana e divina. Di qui il rifiuto di definire Maria come Madre di Dio. Le sue origini vengono fatte tradizionalmente risalire all’apostolato di San Tommaso. Sopravvive oggi solo in piccole comunità dell’Oriente. E’ all’origine della Chiesa Caldea, uno dei cui fedeli fu Tarek Aziz, ministro irakeno al tempo di Saddam Hussein.
(12) Si ricordi che Charles Perrault fu il noto scrittore francese (1628/1703) autore di fiabe come Cappuccetto Rosso, La Bella Addormentata, Cenerentola, Il Gatto con gli stivali, Barbablù, ecc.
(13) Sull’argomento si veda: René Guénon, Il Re del Mondo, Ed. Adelphi.
(14) Il termine sanscrito “arya” significa “nobile”.
(15) Si veda: C. Hale, La Crociata di Himmler, Ed. Garzanti. Come si può intuire, nemmeno i film di Steven Spielberg “I predatori dell’arca perduta” e “Indiana Jones e l’ultima Crociata” sono del tutto privi di basi storiche.
(16) L’antico emblema della svastica (dal sanscrito “su” = bene, e “asti” = essere, quindi “di buona fortuna”) è associato nella cultura vedica al Sole, ed è simbolo della ruota del modo, l’Universo che gira intorno ad un centro immobile. Vedi M. e J. Stutley, Dizionario dell’Induismo, Ed. Ubaldini, pag. 438.
(17) I Mahasiddha, cioè “grandi Realizzati” in sanscrito, erano maestri indiani della scuola Vajrayana, vissuti tra il VII e il XII secolo. In particolare, Tilopa (988-1069) fu all’origine del lignaggio che proseguì con Naropa, Marpa il Traduttore e il famoso Milarepa (a cui Liliana Cavani nel 1974 dedicò l’omonimo film), fondatore della scuola buddhista Kagyüpa.
(18) Il termine bodhisattva, alla lettera “essere del Risveglio”, indica coloro che rinunciano ad entrare nello stato del Nirvana per aiutare tutti gli esseri a liberarsi dalla sofferenza e dalle sue cause. Figura già presente nel buddhismo Theravada, diviene assolutamente centrale nelle scuole Mahayana.
(19) J. Rivière, Kalachakra. Iniziazione tantrica del Dalai Lama, Ed. Mediterranee, pag. 43.
(20) Luca 17, 21.


m. mauro tonko, novembre 2008

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