giovedì 21 marzo 2013

"Gian" Vallarino, maestro di karate, maestro di vita

Desidero proporre alcuni versi, opera di "Gian" Vallarino, grande amico vadese, maestro di arti marziali, "mastro" falegname. Nelle sue parole, nella sua vita, il Dharma fluisce spontaneamente e semplicemente: Via e Vita, una cosa sola.




IN CAMMINO 



Padrone del mio tempo 
Fiero del mio pensiero 
Libero come l'aria 
Uomo che cammina 
Ho Camminato all’alba con passi incerti 
Ho camminato col sole alle spalle sempre più sicuro del mio passo 
Ho corso col sole, sempre più lontano 
Cammino sul sentiero del tramonto, non mi è dato di sapere quando arriverò al traguardo 
Quando avrò passato il traguardo, sarà il riposo 
Grande spirito, fammi percorrere il sentiero col vento alle spalle 
Fiero del mio pensiero 
Libero come l'aria 
Gian, uomo che cammina


MANI NUDE 

Una sera sono entrato in un dojo. 
Ho conosciuto il MAESTRO. 
Insegnava l’arte orientale del combattimento a mani nude, 
la disciplina, i kata, l’arte e lo stile. 
Ho appreso come muovermi, 
Ho acquisito il controllo dell’energia e delle tecniche. 
Ho combattuto con diversi avversari. 
A volte ho vinto a volte sono stato battuto. 
Ora non combatto più con altri avversari. 
Insegno agli altri la disciplina delle mani nude. 
Rimane solo un combattimento. 
Il più difficile, quello contro me stesso 
Non sono ancora sicuro se vincerò.

No, non è Texas Walker Ranger...


PENSCEO (AMIXI) 

A lè ‘na poula impegnativa; de amixi creddu de haveine tanti, a nominäli 
me ne ascurdieva sensätro quarchedùn, 
Ciü che tütti me arregordo cun ùn po’ de melancunìa i amixi de scuribanda 
e de "Rappè". Quelli de scöa, perché, mentre ne mosträvan a scrive 
e a fä i cunti, nùätri iprendeimu insemme cian cianìn e cose da vitta e 
quellu che pueimu aspêtäse. 
Ma se ghe pensu ben, gh'è stètu quarchedùn ciü amigu de tütti i ätri. 
Se ne sun andèti portè vìa pe quärche raxùn düa da cunstatä. 
De questi faççu i nummi: 
LUIGGI: Rüstego e stondäjo cumme tanti liguri ma cun ùn cö grossu 
ciü che a ciassa d’a gexa. 
SILVIU: Cun a sö vuxe prufunda incunfudìbile, forte cumme a ruvia 
sempre dispunìbile pe tütti. 
CLAUDIU: Me figgiu ma anche mè amigu, zoenu cumme l’ègua 
con ùn caràttere doçe, sempre allegru amigu de tütti. 
AMIXI: I me ciü cài amixi se ne sun andèti troppu fitu, u me rèsta sulu 
l’arregòrdu d’u pocu tempu passòu insemme. 
AMIXI: Ve salùu ancùn, cumme sempre. 
Ciäu Luiggi, ciäu Silviu, ciäu Claudiu. Ciäu AMIXI 

Il sorriso di Claudio

Di quest'ultima poesia propongo qui, per coloro che come me non frequentano il dialetto locale, una versione in lingua, ben consapevole che sovente tra il “tradurre” ed il “tradire” il passo è molto breve… 

Pensiero (Amici) 

È una parola impegnativa; di amici credo di averne molti, nel nominarli / me ne dimenticherei senz’altro qualcuno, / Più di tutti ricordo con un po’ di malinconia gli amici di scorribanda / e di “rappè” [
rubare la frutta dalle piante]. Quelli di scuola, perché, mentre ci insegnavano a scrivere / e a far di conto, noi imparavamo insieme piano piano le cose della vita e / quello che ci potevamo aspettare. / Ma se ci penso bene, c’è stato qualcuno più amico di tutti gli altri. / Se ne sono andati portati via per qualche motivo duro da comprendere. / Di questi faccio i nomi: / Luigi: Grezzo e stondäjo [bisbetico, lunatico, ma non cattivo] come tanti liguri ma con un cuore grande / più della piazza della chiesa. / Silvio: Con la sua voce profonda inconfondibile, forte come una quercia / sempre disponibile per tutti. / Claudio: Mio figlio ma anche mio amico, giovane come l’acqua / con un carattere dolce, sempre allegro amico di tutti. / Amici: I miei più cari amici se ne sono andati troppo presto, mi rimane soltanto / il ricordo del poco tempo passato insieme. / Amici: Vi saluto ancora, come sempre. / Ciao Luigi, ciao Silvio, ciao Claudio, ciao amici.

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