mercoledì 15 maggio 2013

Il Sutra del Diamante

Le Edizioni Marietti di Genova hanno recentemente pubblicato una importante edizione del Sutra del Diamante (Vajracchedika Prajnaparamita, ovvero “la conoscenza tagliente come il fulmine-diamante che è andata al di là”), opera indiana del II secolo, uno dei testi più noti e amati della “letteratura della prajnaparamita” (tradizione Mahayana). 




Il testo è tradotto e commentato da Mauricio Yushin Marassi, monaco zen, con trascorsi anche savonesi (liceo scientifico), responsabile della Comunità Stella del Mattino (http://www.lastelladelmattino.org/), docente di religioni orientali presso l’Università di Urbino. Accompagna il commento di Yushin Marassi un saggio di Gennaro Iorio, che ha collaborato anche con il teologo e filosofo Raimon Panikkar. 

Scrive Marassi a proposito della prajnaparamita

“Questa parola è composta da pra, jna, para(m), e ita. Pra è un rafforzativo, jna significa “conoscere”, “avere conoscenza” “essere familiare con”, probabilmente ha la stessa origine etima di “gnosi”; para(m) significa “lontano”, “oltre”, “al di là” e condivide la radice etima con il greco “para”, entrato nella nostra lingua attraverso il latino con il significato di “vicino”, “simile” per esempio in “paranormale” e più raramente nel significato di “oltre”, per esempio in “parafernale” ossia “oltre la dote”. Ita è il participio passato femminile del verbo “i”, “andare”. Anche qui è evidente l’assonanza con il latino. Nel dizionario sanscito l’insieme paramita è tradotto “andato/a all’altra sponda”, “giunto/a all’altra riva” ma anche con “che (pro)viene da/conduce all’altra sponda”, “perfezione in”, “completa realizzazione”. 

Come ricorda l’A., nelle concezioni brahmanico-upanishadiche gli esseri senzienti ruotano incessantemente nel samsara, l’esistenza ciclica condizionata impregnata di sofferenza, a causa dell’ignoranza (avidya) – un errato rapporto con la realtà – da un tempo senza inizio. La salvezza quindi “è funzione di quella conoscenza che dissolve avidya, “ignoranza”, “nescienza”. Di qui l’importanza cruciale dell’identificazione dei mezzi per porsi nella corretta, valida conoscenza. Il passo ulteriore proposto dalla cosmologia del Mahayana indica un conoscere privo di contenuto concettuale che (..) si manifesta come assenza di avidya, invertendo così l’ordine delle cose: se l’assenza di nescienza è conoscenza, questa precede quella, un capovolgimento di grande portata.” 

Prajnaparamita
E per coloro che potrebbero pensare che tutto questo sia sterile “filosofia” – se non addirittura pura accademia -, e pertanto in contraddizione con l’impostazione del tutto pragmatica dell’insegnamento del Buddha, vogliamo proporre un ultimo pensiero tratto dal testo di Yushin Marassi, su cui è opportuno portare la riflessione: “E’ la proposta di una pratica profonda che consiste nel lasciar integrare/trasformare il nostro essere nel risveglio originale abbandonando, non trattenendo momento per momento ogni congettura. Nel Sutra del Diamante si afferma: Il dharma che è stato completamente conosciuto e mostrato dal Così Andato non può essere afferrato né espresso e non è un dharma né un non dharma. E perché? Perché le nobili persona eccellono nel non costruito.” 


Mauricio Y. Marassi e Gennaro Iorio
Il Sutra del Diamante – La cerca del paradiso 
Ed. Marietti 1820, Genova Milano 2011 
Euro 26,00

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