mercoledì 30 settembre 2015

Age quod agis: Thomas Merton e il buddhismo

Il 24 settembre, durante il suo viaggio in America, Papa Francesco ha tenuto un discorso all’assemblea plenaria del Congresso degli Stati Uniti d’America, del quale riportiamo qui una breve citazione, ricavata dal sito: https://w2.vatican.va/content/vatican/it.html.

La mia visita capita in un momento in cui uomini e donne di buona volontà stanno celebrando gli anniversari di alcuni grandi Americani. Nonostante la complessità della storia e la realtà della debolezza umana, questi uomini e donne, con tutte le loro differenze e i loro limiti, sono stati capaci con duro lavoro e sacrificio personale – alcuni a costo della propria vita – di costruire un futuro migliore. Hanno dato forma a valori fondamentali che resteranno per sempre nello spirito del popolo americano. Un popolo con questo spirito può attraversare molte crisi, tensioni e conflitti, mentre sempre sarà in grado di trovare la forza per andare avanti e farlo con dignità. Questi uomini e donne ci offrono una possibilità di guardare e di interpretare la realtà. Nell’onorare la loro memoria, siamo stimolati, anche in mezzo a conflitti, nella concretezza del vivere quotidiano, ad attingere dalle nostre più profonde riserve culturali.
Vorrei menzionare quattro di questi Americani: Abraham Lincoln, Martin Luther King, Dorothy Day e Thomas Merton”.

 La breve ma interessante citazione termina con la menzione di quattro figure che in momenti diversi della storia hanno contribuito – e contribuiscono tuttora – a formare i valori fondamentali della società americana. Molto noti a tutti i primi due, forse un poco meno gli altri, la prima dei quali, Dorothy Day (1897-1980), è stata un’attivista impegnata in opere di giustizia sociale a favore dei lavoratori e delle classi più povere. Convertitasi al Cattolicesimo nel 1927, è stata tra i fondatori del Catholic Worker Movement.

Thomas Merton
L’ultimo nome, Thomas Merton, è invece quello che in questa sede più interessa, per i suoi profondi legami con il mondo buddhista.
Thomas Merton nacque nei Pirenei francesi, a Prades, nel 1915, da padre neozelandese e madre americana, entrambi pittori. Dal 1916 visse negli USA, poi, dopo la morte della madre, nelle Isole Bermuda e in Francia. Nel 1931 perse anche il padre, ma riuscì comunque a studiare a Cambridge lingue e letterature straniere. Negli anni dei suoi studi, che proseguì a New York, iniziò un percorso di conversione dall’anglicanesimo al cristianesimo che si completò nel 1938 e successivamente nel 1941, quando entrò come postulante in una Abbazia Trappista americana, dopo aver partecipato ad un ritiro spirituale di preghiera e di silenzio che lo aveva profondamente colpito. Nel 1947 pronunciò i voti solenni come monaco Trappista e nel 1949 divenne sacerdote. Si dedicò agli studi teologici, in particolare a quelli relativi alle tradizioni del misticismo cristiano.

La perdita del fratello durante la II Guerra Mondiale e i conflitti armati degli anni successivi fecero maturare in lui una profonda avversione nei confronti della violenza e della guerra, che si espresse nei suoi numerosi scritti a favore della pace, della non-violenza, dei diritti civili.
Il conflitto vietnamita lo spinse inoltre a volgere la sua attenzione verso le tradizioni buddhiste, che studiò a fondo con un atteggiamento di estrema apertura. Nel 1968 intraprese un viaggio in Oriente, durante il quale incontrò il Dalai Lama. Morì per un incidente proprio durante il viaggio, a Bangkok.
Fu autore di un gran numero di testi di saggistica, di narrativa (La montagna dalle sette balze è il più noto) e di poesia. Per quanto concerne il buddhismo, ne citiamo solo due, che proprio i praticanti buddhisti bene farebbero a leggere e meditare: infatti questo consentirebbe loro una corretta comprensione di che cosa sia il misticismo, concetto che buona parte del mondo buddhista occidentale rifiuta di accostare alla pratica del Dharma.
Il primo è Mistici e maestri zen, del 1967, nel quale Merton, come si legge in III di copertina, “risale…alle matrici non cristiane – religiose, filosofiche, culturali, storiche – dalle quali è scaturito per l’uomo lo stimolo all’evoluzione spirituale”.
Il secondo è Lo zen e gli uccelli rapaci, del 1968, nel quale dimostra una autentica comprensione della Via dello zen, come si vede da questa breve “Nota dell’Autore”.

Scrive Merton:

Dov'è una carogna in putrefazione gli uccelli da pre­da volteggiano e calano al suolo. Vita e morte sono ab­binate. I vivi attaccano i morti, a loro profitto. I mor­ti non ci rimettono nulla. Anzi guadagnano, in quanto vengono venduti. O sembra che guadagnino, se si ragiona in termini di guadagno e di perdita. Tu dunque intra­prendi lo studio dello zen con l'idea che ci sia da guada­gnare? Questa domanda non vuol essere implicitamente un'accusa. È però una domanda importante. Quando si fa molto chiasso intorno alla «spiritualità», all'«illu­minazione», o magari all'«accensione», il più delle vol­te è perché ci sono delle poiane che si librano sopra un cadavere. Questo librarsi, questo volteggiare, questo ca­lare, questa celebrazione di vittoria, non sono ciò che si intende per studio dello zen — anche se possono costi­tuire un esercizio utilissimo in altri contesti. E arricchi­scono gli uccelli rapaci.
Lo zen non arricchisce nessuno. Non c'è alcun cadave­re da trovare. Sul luogo in cui si crede che vi sia, gli uc­celli vengono per un po' a volteggiare. Ma presto volano altrove. Quando se ne sono andati, il «nulla», il «nes­sun corpo» che era lì, tutt'a un tratto appare. È lo zen. Era stato sempre lì, ma gl'insetti non l'avevano toccato perché non era il loro genere di preda.

Ed una altrettanto profonda comprensione egli dimostra nell’altro testo, e con ancor meno parole, quando afferma:

I maestri zen indubbiamente amano la massima age quod agis.

La stessa che chi scrive qui si trovò annotata (insieme col voto) sotto una libera composizione in italiano, negli anni lontani del Liceo, rimanendo quanto meno sorpreso, e non capendo ciò che l’insegnante volesse suggerire. Passò molto tempo, davvero molto, poi, forse, uno spiraglio si aprì.
A quel docente, liberale di vecchio stampo, un profondo inchino.



Le citazioni di Merton sono tratte da:
T. Merton, Mistici e maestri zen, Ed. Garzanti
T. Merton, Lo zen e gli uccelli rapaci, Ed. Garzanti

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