domenica 13 settembre 2015

Tintin in Tibet

Come altri protagonisti del mondo dei fumetti, anche Tintin ha potuto incontrare il Dharma del Buddha.
Tintin è il noto protagonista di un fumetto belga, creato da Hergé (Georges Remi, 1907 – 1983), ed appare per la prima volta il 10 gennaio 1929, in un supplemento del giornale Le Vingtième Siècle, in compagnia del suo inseparabile cagnolino bianco Milou.
I 24 album di Tintin
Il primo album interamente dedicato a Tintin esce l’anno successivo, ed è intitolato: Les Aventures de Tintin, reporter du Petit Vingtième au pays des Soviets (in Italia sarà Tintin nel paese dei Soviet). In totale ne usciranno 24 (l’ultimo, incompiuto, apparirà qualche anno dopo la morte di Hergé).
In tutti gli album Tintin, giovane reporter, vive storie avventurose in ogni angolo del pianeta, insieme con Milou e (dal n. 9) con il capitano Haddock, confrontandosi con il “cattivo” di turno e con avversità di ogni genere. 
A proposito di Hergé, è interessante notare ciò che scriveva di lui la rivista Arcadia (http://arcadia.revue.free.fr/9-Herge.html): “Per tutta la vita Hergé si interessò all’esoterismo, al paranormale, al buddhismo [fu inoltre studioso dei Tarocchi, del taoismo, delle opere di Jung]. Le avventure di Tintin riflettono questo aspetto misconosciuto della sua personalità profonda”.
Segni di questi suoi interessi possono essere la scelta del suo pseudonimo, che nasce dall’inversione delle sue iniziali (da G–R a R–G, laddove Her è anche la prima parte del nome di Hermes, il mitico Ermete Trismegisto, fondatore dell’alchimia), come pure il fatto che prima di ogni importante decisione si facesse leggere le carte…
Ma quei segni si trovano soprattutto negli album di Tintin, nelle avventure che vive, nei personaggi che incontra, in moltissimi dettagli delle singole vignette. Come ad esempio la quarta dell’album di cui andremo a parlare, il n. 20:

Confronto tra le immagini di Tintin, il Matto dei Tarocchi e San Rocco
Nell’album intitolato Tintin au Tibet, appunto il n. 20, l’interesse di Hergé per il buddhismo è ampiamente dimostrato.
Si tratta di un lavoro del 1958, un periodo per lui difficile: si era da poco separato dalla moglie e attraversava una profonda crisi di coscienza, che lo aveva portato a cercare l’aiuto di uno psicoanalista, un allievo di Jung.
L’album, come si legge in https://fr.wikipedia.org/wiki/Tintin_au_Tibet, “costituisce la migliore delle risposte a quella crisi”, ed in esso si trova la parte più intima dell’Autore stesso.

Non a caso, è considerato uno dei più riusciti e dei più amati dell’intera serie, se non il migliore in assoluto. Per crearlo, come sempre faceva, Hergé si era documentato con cura, sui paesaggi himalayani, sulle architetture indo-tibetane, sugli abbigliamenti, sulla tradizione buddhista. E naturalmente sullo yeti, la mitica creatura delle nevi del Tibet, già oggetto di studio da parte del fondatore della criptozoologia, Bernard Heuvelmans, che collaborò con Hergé in diverse occasioni.
La vicenda si snoda intorno ad una profonda amicizia, quella tra Tintin e il giovane cinese Tchang, che rispecchia fedelmente quella realmente intercorsa tra Hergé e lo studente cinese Tchang Tchong-Jen, durata fino alla morte del disegnatore.
Tintin, che si trova in vacanza, sogna l’amico ferito, nella neve, che gli chiede aiuto. Tchang stava realmente per giungere in Europa, ma il suo aereo è precipitato. Tintin “sente” che l’amico non è morto, e, con Milou e il capitano, parte alla sua ricerca, verso l’Himalaya, via Delhi e Katmandu.
Monumenti di Delhi
Uno dei templi di Katmandu, danneggiato dal recente terremoto
Ed effettivamente, tra le nevi, i soccorritori trovano le tracce di Tchang. Dopo alcuni giorni di duro e pericoloso cammino raggiungono il monastero buddhista di Khor-Biyong, dove sono accolti dai monaci, uno dei quali, Foudre-Bénie (Fulmine Beato), possiede poteri paranormali quali la levitazione e la chiaroveggenza.
Il monaco tibetano Foudre Bénie

Tintin ritrova Tchang
Grazie a lui, Tintin scopre che l’amico si trova in una grotta tra i monti, e finalmente lo raggiunge, scoprendo altresì che era stato tratto in salvo e nutrito da uno yeti, un essere che si rivela quindi capace di compassione.

Lo yeti
La vicenda termina con il ritorno al monastero, dove i monaci accolgono tutti con una solenne processione.
Come si vede, in questo caso Tintin non lotta contro alcun “cattivo”, nemmeno "l’abominevole uomo delle nevi" lo è. Si tratta piuttosto di un viaggio interiore, fondato sull’amicizia e sulla solidarietà tra i protagonisti: Tintin, Tchang, il capitano, la guida, i monaci, lo yeti… e naturalmente Minou!

Un viaggio che “apre” alla scoperta dell’Altro e conduce quindi ad un autentico arricchimento personale. Come è detto nel sito http://fr.tintin.com/albums/show/id/20/page/98, “con Tintin au Tibet il fumetto entra in una nuova dimensione. Se il movimento, l’avventura e l’azione mantengono tutto il loro significato in questo ventesimo episodio della serie, vi si scoprono ugualmente molti altri elementi direttamente influenzati dall’evoluzione personale del disegnatore e la direzione presa dalle sue letture negli anni sessanta. Nella maturità Hergé lesse opere di carattere filosofico, con una svolta verso la psicologia e la psicoanalisi. Un percorso che lo porterà sulla strada del taoismo, dello zen e del buddhismo”.


Un’ultima interessante notazione riguarda da vicino il Tibet e le sue vicende: nel 2001, quando l’album fu tradotto in lingua cinese, il titolo venne modificato in Tintin au Tibet chinois. La Fondazione Hergé (diretta dalla vedova, divenuta buddhista) si oppose con fermezza a tale decisione, l’album fu ritirato e il titolo riportato alla versione originale.

Infine, nel 2006, il XIV Dalai Lama assegnò alla Fondazione Hergé il premio Luce della Verità, per il significativo contributo a far conoscere il Tibet presso il grande pubblico.


Le vignette sono state tratte dal volume 
Hergé, Tintin au Tibet, Ed. Casterman

Per vedere Tintin au Tibet in versione animata (in francese):
https://www.youtube.com/watch?v=PsQcUNbz2jw

Sullo yeti si può leggere
Reinhold Messner, Yeti - Leggenda e verità, Ed. Feltrinelli

Nessun commento:

Posta un commento