sabato 28 gennaio 2017

Al di là del vero e del falso

Sul vero e sul falso, sulla menzogna nella religione, nella politica e non solo, sulla filosofia come pratica di libertà e di universalità.
Tratte da un altro importante scritto di Marco Vannini, un paio di pagine assolutamente inattuali che pongono Meister Eckhart e Nietzsche a confronto non tra loro, ma di fronte ad ognuno di noi.
Scrive Marco Vannini:

           È chiaro anche a Nietzsche che “la menzo­gna più frequente è quella che ciascuno fa a se stes­so; mentire agli altri è un caso relativamente ecce­zionale”, e questo “non voler vedere certe cose che si vedono, il non voler vedere una cosa così come si vede, è la condizione essenziale di tutti quel­li che appartengono in qualsiasi senso a questo o quel partito: l’uomo di partito è necessariamente un impostore”; ove il “partito” non va inteso solo in senso politico, ma in tutto ciò che costituisce grup­po, setta, chiesa, accademia – e perciò il filosofare moderno non ha nulla della libertà degli antichi, ma ha sempre “un colorito politico e poliziesco [...] alla sola conquista dell’apparenza erudita”.
Si comprende dunque la polemica di Nietzsche contro il cristiano come “ultima ratio della menzogna”, che “porta all’estrema perfezione quella tecnica giu­daica che è l’arte di mentire santamente”.
La menzogna è, infatti, particolarmente insi­diosa proprio nell'ambito religioso, perché li è capace di generare, attraverso l’immaginazione, quello stato d’animo carico di gioia, entusiasmo, dedizione, che può portare anche all’eroismo della virtù – e non a caso ci sono santi in tutte le religioni; ma, in quanto appunto frutto di immaginazione, menzogna, quello stato d’animo non può uscire dal finito, dal partico­lare della volontà propria, e così non giunge all'uni­versale e alla sua luce.
La menzogna tende infatti a riproporsi in ogni istante, tanto più forte quanto più si è rico­nosciuta la comune, naturale, malizia del mentale, dando luogo a una sempre maggiore pretesa di verità, per cui il distacco deve esercitarsi anche sul concetto stesso di verità.
E perciò estremamente significativo che il “mistico” Eckhart convenga con l’“ateo” Nietzsche sulla necessità di liberarsi anche dalla verità – ovvero dal preteso possesso di essa. Commentando il versetto paolino “Nunc vero liberati” (Rm 6, 22), il maestro medievale scrive infatti che “dobbiamo liberarci anche dalla verità, giacché beatitudine e salvezza sono date solo dall'essere nudo, privo di ogni idea che lo limita, in corrispondenza dei nostri modi di pensarlo”.

La menzogna, infatti, finisce solo quando terminano le proprie “verità”, che sono poi opinio­ni, convinzioni, ovvero i legami al proprio interesse: sotto questo profilo, infatti, le cosiddette “convin­zioni sono nemiche della verità, più pericolose delle menzogne”. È nel distacco che si giunge alla infini­ta, beata aghnosìa, ovvero a quel “non sapere” che è la fine delle menzogne, la libertà dalle opinioni, libertà dai contenuti, signoria dell'identico e del diverso.

Meister Eckhart


Il testo è tratto da:
Marco Vannini, Oltre il cristianesimo, Ed. Bompiani 2013, pag. 23 segg.