martedì 27 marzo 2018

Le cose come sono?


Un nuovo libro sul buddhismo. Ne è autore Hervé Clerc, un non-specialista – e, in questo caso, il fatto depone a suo favore. Un giornalista francese di 66 anni, al suo primo libro. Qui di seguito la 4^ di copertina:

Questo è un libro che l’autore non poteva non scrivere, e che si è portato dentro per quattro decenni. Perché fu più di quarant’anni fa che, reduce dai fervori e dai clamori del maggio '68, Hervé Clerc ebbe “un’esperienza incommensurabile rispetto a tutte quelle che avrebbe poi fatto nella sua vita e, ovviamente, a quelle fatte in precedenza”: scoprì il buddhismo nella sua essenza - nudo, immobile, vuoto. Allora non sapeva che cosa fosse. Oggi, riprendendo il filo della propria biografia, riesce a renderci partecipi di un insegnamento plurimillenario, e nella forma più semplice e spoglia possibile, scardinando cliché, tic accademici, gerghi, mode. Il tutto in un parlato ricco e saporoso, che invoglia alla lettura.


Al suo interno, già nelle prime pagine, alcune osservazioni che riscaldano il cuore – e dovrebbero schiarire la mente, soprattutto ai praticanti del sole calante:

Quando alla televisione vedo dei buddhisti occi­dentali vestiti con gli abiti gialli e rossi dei monaci tibetani rimango perplesso. Mi dico: c’è un malin­teso, siamo nel paese di Montaigne, Molière, Descartes, delle trecentosessantacinque varietà di for­maggi, dell’amor cortese, dei grandi vini, dove de­ve pur esistere un'altra maniera, meno esotica, meno clericale soprattutto, di presentare il buddhismo. Se continuiamo in questo modo, un insegna­mento così degno di essere conosciuto e così bene­fico verrà percepito dalla maggior parte della gen­te come un innesto estraneo e relegato, accanto agli extraterrestri, agli iperborei, ai millenaristi e al­la meditazione trascendentale, nel cassetto “New Age”, che le persone assennate evitano con cura di aprire. Non faranno la selezione. Pochi si prende­ranno la briga di farla. Un’occasione di riconosci­mento e di dialogo sarà andata perduta. Per presentare il buddhismo agli occidentali è ne­cessario un lavoro di adattamento.

Parole assolutamente condivisibili, anche per l’Italia, basta sostituire Montaigne e Molière con Vico, Croce e Goldoni, i formaggi con la pasta e lasciare l’amor cortese e i vini…
L’alternativa: continuare a dare del “buddhismo” l’immagine di un qualcosa di molto pittoresco, come il Festival dell’Oriente o il ristorante fusion o il capodanno cinese di Via Paolo Sarpi. Ma che non ha nulla a che vedere con noi. Ovvero: scavare la fossa al Buddhadharma. O allo Yoga. O allo Zen ecc.
Uccidere e Occidente non hanno la stessa etimologia. Il loro suono è però sinistramente simile. E fino ad ora l’occidente ha dimostrato molto bene di saper assorbire ed annichilire ciò con cui è venuto a contatto, dopo averlo fatto con il suo passato. 



Da leggere:

Hervé Clerc, Le cose come sono, Ed. Adelphi